Guida al parco dei mostri di Bomarzo, un’esperienza per grandi e piccini

Siamo a Bomarzo, un piccolo borgo del Lazio dove nel 1547 Vicino Orsini, signore del luogo, iniziò la costruzione del suo emblematico parco dei mostri.

Che cosa l’abbia spinto a dar vita  questo luogo misterioso non lo sappiamo con certezza ma sappiamo che lo amava a tal punto da iniziare a vivere sempre più nel suo giardino dopo la morte della moglie, stanco ed infastidito dalla vita mondana e politica che lo circondava.

Dall’alto del suo palazzo in pieno centro di Bomarzo, il principe Orsini, dominava sulla vallata sottostante ricca di testimonianze Etrusche scolpite nel peperino, un tipo di pietra del luogo.

E’ forse mentre contemplava questo panorama che comprese che la pietra è eterna e nonostante i secoli ella rimane lì a documentare quel che è stato!

Così invitò a corte Pirro Ligorio, il più bravo discepolo di Michelangelo e insieme iniziarono a progettare questo particolare giardino.

In quegli anni erano molto in voga i testi Alchemici e Vicino Orsini, che era un uomo di cultura, non era di certo indenne al fascino di quest’ultimi.

L’HYPNEROTOMACHIA POLIPHILI E IL PARCO DEI MOSTRI

Molti dei giardini all’italiana del Rinascimento prendono spunto da un libro intitolato “Hypnerotomachia Poliphili“, un testo che racconta il sogno di Polifilo (Colui che ama la Moltitudine) alla ricerca di Polia (la Moltitudine), la sua amata, in un contesto quasi fantastico tra draghi, lupi e figure mitiche.

In realtà questo sogno non rappresenta altro che il percorso che l’uomo deve compiere per purificarsi ed arrivare alla conoscenza ritornando ad essere un tutt’uno con Madre Natura.

Il libro è arricchito da 196 xilografie (disegni) rappresentanti i luoghi visitati da Polifilo ed è proprio da questi che nascerà l’idea di giardino rinascimentale, il luogo dell’anima.

Nonostante il parco e i suoi “mostri” di pietra ricordino molto le figure del libro non ci troviamo di fronte ad un “giardino iniziatico” ma siamo semplicemente nel bosco sacro di Orsini.

La traccia che dimostra il suo passaggio sulla Terra, la sua eredità.

ENTRIAMO NEL PARCO DEI MOSTRI DI BOMARZO

Entriamo nel parco attraverso una porta merlata tipica dei castelli medievali che sembra sussurrarci “entrate, entrate pure, che ci sarà mai di strano dietro ad un ingresso tanto comune? “

LE SFINGI

Due sfingi attendono il nostro arrivo e ognuna ci sfida a proseguire lasciandoci un messaggio…

La prima dice: “Chi con cigli inarcate et labbra strette non va per questo loco manco ammira le famose del mondo moli sette” ovvero “Ragazzi, sapete che vi trovate di fronte all’Ottava Meraviglia del Mondo? Siete degni di ammirarla?”;

L’altra invece recita “ Tu ch’entri qua pon mente parte a parte e dimmi se tante meraviglie sien fatte per inganno o pur per arte”

A differenza della sfinge di Tebe che uccideva i malcapitati che non erano in grado di risolvere il famoso indovinello sull’animale che al mattino cammina a 4 zampe, a mezzogiorno su 2 e la sera a 3 zampe (l’uomo), queste sfingi non vi uccideranno ma saranno solo un monito
per ricordarvi che non tutti siamo in grado di vedere le meraviglie che il mondo ha da offrirci!

PROTEO o GLAUCO

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La prima lezione da imparare al parco dei mostri ce la insegna questo mostro marino.

Il personaggio in questione potrebbe essere Proteo, dio marino che aveva il dono di poter cambiare forma e che ebbe un ruolo nelle vicende della guerra di Troia, oppure Glauco, probabilmente il figlio di Nettuno, un ragazzo bellissimo ed un eccellente pescatore che si invaghisce di Scilla, una dolce Fanciulla.

Scilla, ahimè, è amica della maga Circe e quando vede Glauco decide di tenerlo per sé trasformando la ragazza in un mostro marino.

Glauco cerca, invano, di avere qualche contatto con lei. Solo, vecchio e stanco, raggiunge un ‘isola dove cresce un’erba miracolosa che lo fa diventare una creatura del mare.

Da allora, si dice, che quando Scilla scatena una tempesta nel mare dello Stretto, Glauco spunta con la testa fuori dall’acqua e tutto si placa.

Tornando indietro e proseguendo il nostro cammino ci imbattiamo in una vera rovina Etrusca distesa sul terreno che ricorda tanto le tombe viste a Sovana.

LA POTENZA DI ERACLE

Scendendo alcuni gradini ed inoltrandoci ancora di più nella selva  incrociamo due Giganti intenti a combattere: sono Ercole e Caco e senza disturbarli troppo leggiamo la frase incisa sulla pietra ( Se Rodi altier fu già del suo colosso pur di questo mio bosco anco si gloria ed per più non poter fo quanto posso….insomma anche a Bomarzo abbiamo il nostro colosso 😉 ) e ce la svigniamo.

LA VITTORIA ALATA E L’ORCA

La prossima creatura che incontriamo è la fama alata (o vittoria) che tenta di mantenersi in equilibrio su di un globo lasciandosi trasportare da un mezzo alquanto singolare, una tartaruga.

Di fronte a loro un orca dalle fauci spalancate attende affamata il suo pasto, riuscirà la saggia e prudente tartaruga a trarre in salvo la Vittoria dalla sua precaria situazione?

Alla nostra sinistra Pegaso (il celeberrimo cavallo alato) sta per spiccare il volo, forse sta raggiungendo gli dei per annunciargli la vittoria della Fama Alata?

L‘AMORE PER LA CLASSICITA’ DEL CONTE ORSINI

Proseguendo il nostro viaggio tra queste mitiche figure raggiungiamo il ninfeo popolato dalle Grazie e come nel sogno di Polifilo la presenza della statua di Venere ci anticipa il luogo in cui stiamo per entrare: l’anfiteatro che oltre ad essere il simbolo dell’epoca romana sta a ricordarci che la vita è commedia e tragedia allo stesso tempo.

In questo luogo ci sono varie frasi che ci ha lasciato Orsini, alcune sono quasi completamente cancellate ma tentiamo di ricomporle: in “VICINO ORSINO NEL MDLII” (data della fine dei lavori in numeri romani), “PER SIMIL VANITÀ MI SON AC…(CORDA)…TO D’ONORARE…” e  “SOL PER SFOGARE IL CORE”.

Ecco che le ultime due frasi ci confermano che il parco non è un percorso iniziatico ma un libero sfogo e un capriccio della mente di Orsini e dei suoi studi legati al mondo della letteratura e della mitologia.

LA CASA PENDENTE, UNO DEI PUNTI FORTI DEL PARCO DEI MOSTRI

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Strofiniamo bene gli occhi perchè di
fronte a noi si palesa una costruzione un po’ particolare: la casa pendente… nel vero senso della parola!

Dobbiamo per forza sfidarla per avanzare nel nostro cammino. Non vi dico l’effetto, ne uscirete disorientati e divertiti!

Sembra che questa bizzarra casetta sia l’eredità della moglie di Orsini che volle rappresentare l’instabilità momentanea della famiglia durante il periodo in cui Vicino andò in guerra!

Attraversando la casa ci ritroviamo al livello superiore del giardino ed incontriamo Cerere, la dea dell’agricoltura nonché madre di Proserpina che incontreremo tra poco.

ANNIBALE E L’ELEFANTE

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Nel frattempo scorgiamo una delle più belle statue di Bomarzo l’elefante con in groppa un soldato ed una torre che stringe con la proboscide un legionario ormai passato a miglior vita.

Questo è sicuramente un riferimento ad Annibale, il comandate di Cartagine che attraversò le Alpi con un esercito di uomini ed elefanti pronto a conquistare Roma.

IL DRAGO E I LEONI

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Aggirato il pericolo dell’elefante non ce la passiamo tanto meglio infatti ci ritroviamo di fronte un drago intento a lottare con i leoni (da sempre il drago è simbolo della lotta tra il bene e il male).

L’ORCO, IL MOSTRO PIU’ FOTOGRAFATO DI BOMARZO

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Un orco gigantesco con la bocca spalancata, cerca di. spaventarci…o accoglierci?

Mah, io entro, sulla bocca dell’orco c’è scritto “OGNI PENSIER VOLA” (ma si crede che inizialmente la scritta era “lasciate ogni speranza o voi c’entrate” chiaro riferimento all’Inferno di Dante).

i pensieri non volano affatto anzi, non mi fido  di quest’orco e decido di uscire in fretta (scattando però una bella foto nelle fauci dell’orco, quando ricapita?)

Questo parco inizia ad essere “spaventoso”, non saremo mica nell’Ade?

Un gigantesco vaso rafforza il mio dubbio, assomiglia a quello che Bacco portò con se nella discesa degli Inferi.

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Una grande panca affondata nel terreno recita ” VOI CHE PEL MONDO GITE ERRANDO, VAGHI / DI VEDER MARAVIGLIE ALTE ET STUPENDE / VENITE QUA, DOVE SON FACCIE HORRENDE / ELEFANTI, LEONI, ORSI, ORCHI ET DRAGHI”. Orsini ci stai sfidando?

Attraversiamo un viale ricco di vasi con alcune scritte timorose come

 “NOTTE ET GIORNO NOI SIAM VIGILI E PRONTE / A GUARDAR DOGNI INGIURIA QUESTA FONTE” .

ADE O NETTUNO? COME INTERPRETARE LE STATUE DI BOMARZO

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In fondo al viale intravediamo una grandissima statua che assomiglia a Nettuno, il dio del mare però non credo che sia lui, per me è Plutone (Ade), il dio degli inferi.

A supporto della mia mia tesi basta ripercorrere il nostro percorso e rivedere i nostri ultimi incontri, tutte creature delle tenebre (probabilmente i guardiani della “fonte”) e poi Cerere, madre di Proserpina nonché sposa di Ade.

ECHNIDA E FURIA

Proseguiamo sperando di raggiungere la “salvezza” ed invece a sbarrarci la troviamo due tra le figure più cattive della mitologia: Echidna e Furia.

Con un diversivo le superiamo e finalmente abbiamo una tregua, il lungo viale di pigne ci rassicura molto, forse abbiamo superato la prova, forse siamo all’uscita ..quasi..

PROSERPINA

Ci attende a braccia aperte Proserpina (o Persefone), moglie di Plutone (Ade) e figlia di Cerere.

Il re degli Inferi la catturò con l’inganno e la fece sua sposa ma la madre riuscì a pattuire una tregua e così Proserpina dovette passare solo 6 mesi l’anno con il suo tenebroso sposo.

Finalmente ce l’abbiamo fatta stiamo per u..sci…

No, come temevo Cerbero, il cane a 3 teste, guardiano degli Inferi, non ci lascia passare.

L’unica che può’ aiutarci è proprio Proserpina che già una volta suonando la sua Cetra ha ammansito Cerbero permettendo ad Orfeo di passare indenne!!

1..2…3…piano piano…riusciamo ad uscire…Orsini ma che ci hai combinato???

FUGGIAMO DAI MOSTRI

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Ultima tappa il Tempio, un mausoleo costruito in onore della seconda moglie di Orsini.

La nostra avventura si è conclusa, il nostro cammino nella “selva oscura” ci ha davvero arricchito, soprattutto culturalmente!

Vicino Orsini è riuscito nel suo intento: ci ha stupiti e meravigliati, ha creato un luogo unico e il suo nome riecheggerà nei secoli.

Il suo nome è inciso nell’eternità della pietra.

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